Ai fini della sussistenza del reato di detenzione illecita di animali pericolosi, di cui all’art. 6, comma 1, legge n. 150 del 1992, è sufficiente la mera disponibilità di animali «di specie selvatica», da riferirsi agli esemplari animali di origine selvatica o provenienti da nascita in cattività limitata alla prima generazione, essendo irrilevante che non siano in condizione di cattività e rientrando indubbiamente fra questo genere di animali anche i cinghiali (Sus scrofa), essendo questi sicuramente animali selvatici, altamente pericolosi sia per la loro capacità di infestare i territori data la elevata fertilità, la tendenza al nomadismo e la mancanza di un predatore selettivo che ne possa limitare la diffusione, sia per la loro idoneità ad essere vettori di infezioni, quali la peste suina, in relazione alle quali vi è la elevata probabilità di contaminazione con altre bestie appartenenti a specie limitrofe, quale il maiale (Sus scrofa domesticus), adibite all’allevamento per uso esclusivamente alimentare, in relazione alle quali vi è, altresì, il pericolo della ibridazione genetica.
Nel caso di specie il soggetto è stato ritenuto responsabile in quanto deteneva n. 30 esemplari di cinghiale, provenienti da riproduzioni avvenute in cattività, senza alcuna autorizzazione amministrativa o sanitaria.
Occorre precisare che l’art. 6 della legge n. 150 del 1992, è stato oggetto di abrogazione, a decorrere 27 settembre 2022, per effetto della entrata in vigore del d.lgs. n. 135 del 2022, il quale, all’art. 16, comma 1, lettera a), ha espressamente stabilito l’abrogazione del citato art. 6 della legge n. 150 del 1992.
Non per questo, tuttavia, la condotta descritta dalla norma abrogata ha cessato di rivestire rilevanza penale, posto che, in termini di piena continuità normativa, essa è stata sussunta nella previsione legislativa contenuta nel nuovo art. 4 del citato d.lgs. n. 135 del 2022 per ciò che attiene alla descrizione del fatto costituente reato (i cui termini sostanziali sono rimasti invariati), mentre il trattamento sanzionatorio previsto per l’eventuale violazione della disciplina precettiva è in concreto potenzialmente più afflittivo di quello previgente.