Tutela la biodiversità con la gestione della raccolta dei frutti spontanei come funghi, i tartufi ed i prodotti del sottobosco, favorire lo sviluppo della filiera delle carni di selvaggina che può diventare una forma di reddito nel rispetto della salvaguardia della salute pubblica, la promozione del turismo, la difesa dagli incendi ed il riconoscimento delle attività faunistico-venatorie al pari delle attività agricole ai fini del mantenimento degli ecosistemi, della fauna e della flora selvatiche e dei servizi offerti nel rispetto dei piani di prelievo autorizzati. Sono questi gli obiettivi dei custodi della biodiversità presentati questa mattina Firenze da Coldiretti Toscana e AB-Agrivenatoria Biodiversitalia. Ad incarnare i custodi della biodiversità sono aziende faunistico venatorie, oltre 300 in Toscana secondo un censimento di Coldiretti, che sono da sempre un modello di equilibrio e sostenibilità per la gestione del territorio, della biodiversità ed anche della fauna selvatica. All’iniziativa, moderata dal direttore regionale, Angelo Corsetti, hanno partecipato Roberto Nocentini (Presidente Coldiretti Firenze), Niccolò Sacchetti (Presidente Agrivenatoria Biodiversitalia), Riccardo Burresi (Segreteria Vicepresidente Saccardi), Stefano Masini (Responsabile Area Ambiente Coldiretti), Fabrizio Filippi (Presidente Coldiretti Toscana).
L’obiettivo dell’associazione AB-Agrivenatoria Biodiversitalia, associazione di riferimento di Coldiretti, è proprio quello di definire un nuovo e più attuale ruolo e posizionamento per le Aziende Faunistico-Venatorie, alla luce anche dell’emergenza fauna, attraverso proposte di aggiornamento delle normative che regolano il settore per agire in maniera coordinata sulle cause che stanno portando alla riduzione della biodiversità che caratterizza il nostro paese e alla ridotta produttività delle attività agricolo-faunistiche.
Sono cinque le questioni ritenute cruciali per la sopravvivenza del settore agricolo-faunistico che sono state ribadite a Firenze presentate di fronte ad una sala tutta piena. Al primo punto c’è la qualificazione dell’attività faunistico-venatoria in coerenza con l’ordinamento europeo, attraverso il riconoscimento delle attività faunistico-venatorie al pari delle attività agricole ai fini del mantenimento degli ecosistemi, della fauna e della flora selvatiche e dei servizi offerti con i piani di prelievo autorizzati. Di particolare importanza la gestione della raccolta dei frutti spontanei (tartufi, funghi, prodotti del sottobosco etc) all’interno delle aziende faunistiche, attraverso l’attribuzione ai titolari di queste ultime dei diritti e degli obblighi di gestione, cura e controllo imposti dalla normativa ad un imprenditore agricolo. La filiera delle carni di selvaggina, proveniente dalla fauna cacciata dalle aziende, può diventare una risorsa per le aziende del settore: da qui la necessità di varare una normativa nazionale al riguardo al fine di tutelare, sia da un punto di vista commerciale che gastronomico, il ruolo di rilievo e di rappresentatività del forte legame che queste carni hanno con le tradizioni alimentari regionali e nazionali oltre a creare economia e generare lavoro, soprattutto nelle aree interne del Paese. Il turismo è l’altro nodo centrale con la proposta di consentire la fruizione dei servizi offerti dagli istituti faunistici. Infine la necessità di predisporre l’automatismo dei rinnovi delle concessioni per i titolari delle aziende del settore al fine di garantire la continuità operativa.